Vol. 20 – MARIO CATTANEO- Autore dell’Anno 1999
- a cura di Giorgio Tani;
- 109 foto in bianco e nero
- introduzione di Giorgio Tani;
- interventi di: Giorgio Tani, Wanda Tucci Caselli, Sergio Magni, Silvano Bicocchi
- cm. 22 x 23 – pagg. 117 – 1999
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Pensare per immagini, la realtà.
Nel 1942 Mario Cattaneo é un Sottotenente dell’Esercito Italiano di ventisei anni, prigioniero di guerra nel campo d’internamento Inglese di Yol, posto in India alle pendici dell’Himalaya.
Egli é stato catturato dai Greci in Albania nel 1941, poi allontanato dall’Italia fino in India, con un viaggio interminabile, durato un anno, attraverso la Grecia, l’Egitto, lo Yemen e poi da Bangalore, posta nel sud dell’India, con il treno verso il nord fino a Yol.
Un’esperienza dura, che alcuni suoi compagni pagano con la pazzia.
Durante questo lungo periodo di prigionia a Yol, che termina nel 1946, con la fine della Seconda Guerra Mondiale, egli vive in una camerata con sei posti letto nella baracca 27 ala 4° del campo che ospitava 10.000 prigionieri.
La Croce Rossa, permette il contatto epistolare con i propri cari in Italia e consente di ricevere libri ed altri generi di conforto, al fine d’alleviare la condizione di prigionia.
In quegli anni studia diverse lingue straniere e acquista alcuni libri, tra cui uno d’illustrazione fotografica sui monumenti e la civiltà Indiana e un altro di fotografia dal titolo “The world’s best photographs”. La fotografia letta e riletta nella condizione esistenziale di un giovane prigioniero, viene sentita da Mario Cattaneo come un decisivo linguaggio espressivo per rappresentare il vivere umano, compreso nelle sue condizioni esistenziali e nel proprio mondo dei sentimenti.
La visione del mondo colta attraverso la cornice del boccaporto di una nave, il finestrino sbarrato del treno, ed oltre il recinto di filo spinato del campo di prigionia, lo affascina per la bellezza della gente che vive in libertà.
L’impatto fortissimo con la civiltà Indiana, permeata da un immanente sentimento religioso, lo colpisce profondamente, perché gli svela la natura multiforme dell’umanità, e muove in lui la necessità interiore d’incontrare, conoscere, rappresentare il mistero che é nella quotidianità della vita dell’uomo.
La sua famiglia e la sua città.
Mario Cattaneo nasce a Milano il 28 Gennaio 1916, dal padre Elia Cattaneo tecnico impiantista, e la madre Emma Rossi casalinga. Il padre all’età di vent’anni, nel 1901, lascia la propria famiglia contadina sita in Brianza e prova ad inserirsi nella dinamica città di Milano. Egli subito comprende che l’istruzione scolastica é l’unica strada per avanzare nella scala sociale.
Studiando alla scuola serale diventa tecnico impiantista ed arriva a svolgere il proprio lavoro, come responsabile della manutenzione degli impianti, in un importante ospedale cittadino. Mario Cattaneo, durante le estati della sua infanzia, trascorre dei periodi presso la famiglia del padre e conosce profondamente la vita di quella civiltà contadina, ritmata dai lavori nei campi, nelle stalle e nella conduzione della vita domestica. Queste comunità rurali, erano permeate da un profondo sentimento religioso, che ad esempio si manifestava col rito della recitazione famigliare del rosario serale dopo cena.
Vivendo da ragazzo in questo mondo preindustriale, in cui l’uomo, con le qualità del suo lavoro e la vitalità del suo comportamento, é l’elemento centrale della società, interiorizza i valori forti dell’umanità lombarda. L’armonia della sua vita famigliare viene sconvolta dalla scomparsa prematura della madre e della sorella, entrambe decedute per malattia nel 1927. Il padre, uomo d’ingegno e sani principi morali, nonostante le difficoltà economiche, lo fa studiare nel più prestigioso (e costoso) istituto privato di Milano, l’Istituto Gonzaga, e poi fino all’Università.
Ritorna dalla prigionia nel 1946, un mese dopo la scomparsa del padre. Ha trent’anni e si ritrova, solo, nella sua Milano. Come tanti della sua generazione, che hanno vissuto la giovinezza nei tristi tempi della Seconda Guerra Mondiale, é un uomo che, nonostante la giovane età, ha già un bagaglio impressionante d’esperienze vissute. La sua vita interiore é animata dal dolore per la mancanza dei propri cari, dall’orrore per la violenza assurda della guerra, dalla scoperta meravigliosa della vastità del mondo e dalla stupefacente varietà dell’esistenza umana.
Egli non si perde d’animo, lavora e prosegue gli studi universitari conseguendo finalmente la sua laurea in Economia e Commercio alla Bocconi nel 1950.
Nonostante la dilatazione dei confini geografici della sua conoscenza, egli é un Milanese a cui piace scrivere, nella lingua dialettale, bellissime poesie sulla vita della gente ed i luoghi della sua città. Questi versi mettono in evidenza le sue qualità umane, ed il rapporto che egli ha con la vita di questa popolazione. Mario Cattaneo é un affascinato attore ed osservatore degli straordinari mutamenti nello stile di vita che la popolazione Milanese ha vissuto dal dopoguerra in poi.
La fotografia, il Circolo Fotografico Milanese
La passione per la fotografia, Mario Cattaneo la coltiva fin da ragazzo comprando a 12 anni, con i suoi risparmi, una Kodak Vollenda 620 a soffietto e mirino laterale. Poi al suo ritorno a Milano dalla prigionia l’esercita nel dopo lavoro come “una stupenda evasione liberatoria” . Nel 1950 acquista la sua prima Rolleiflex, ed inizia ad apprendere da autodidatta le tecniche di ripresa e di stampa.
Lo affascinano le fotografie di Henri Cartier Bresson, Robert Doisneau, Werner Bischof, Dorothea Lange, che vede pubblicate su annuari internazionali come U.S. Camera, Photography Year Book, Fotoalmanach International, Photo Maxima, New Photograms, e riviste nazionali come Ferrania, Foto, Fotografia, Popular Photography Italiana.
Annuari e riviste che pubblicheranno anche le sue fotografie.
Nel 1955 si iscrive al Circolo Fotografico Milanese, che allora era posto “in due misere stanzette dove d’inverno noi dovevamo accendere la stufa, ma dove l’entusiasmo era grandissimo”.
Nel C.F. Milanese, allora si apprezzava la fotografia caratterizzata dal grande rigore estetico e tecnico.
Egli entra nel circolo con un linguaggio fotografico già formato e la scelta tematica già compiuta, basti pensare che aveva già scattato un gran numero di fotografie de “La fera del Sinigaglia” e dei “Vicoli” di Napoli. Nonostante questo, il frequentare l’attività del Circolo é stato importantissimo per completare la sua formazione, in virtù del bagaglio d’immagini che ha letto e le persone che ha incontrato: di Pietro Donzelli apprezzava il fotografo e l’impegno per lo sviluppo della cultura nel mondo della fotografia, da Alessandro Nesler impara a dare valore all’ambientazione dei suoi soggetti, da Gualtiero Castagnola fa tesoro dei consigli della sua qualificata critica fotografica, da Sergio Magni attraverso la lettura delle fotografie scopre i significati del suo linguaggio fotografico e da Wanda Tucci Caselli trova sempre stimolo, incoraggiamento e collaborazione nel procedere nella propria ricerca, fino alla stampa recente del libro fotografico “La fera del Sinigaglia” da lei curato.
Egli é un fotoamatore che per carattere non cerca la notorietà, partecipa poco ai concorsi, perché già il realizzare le sue fotografie lo appaga. Dopo l’apprezzamento critico sulle fotografie dei “Vicoli “ di Napoli, che il critico Giuseppe Turroni scrive sulla rivista Ferrania nel 1962, la sua opera trova la giusta considerazione anche negli ambienti più legati alla tradizione.
La tecnica
Nelle fotografie che coprono trent’anni, dal 1950 al 1980, Mario Cattaneo opera in bianco e nero con la Rolleiflex, un ingranditore Durst 609 e carta Brovira lucida. Egli é un autodidatta che sviluppa autonomamente il negativo, e stampa le sue fotografie in spettacolari formati trenta per quaranta, come usava a quei tempi. Non ama le elaborazioni o le trasformazioni in camera oscura; a lui interessa ritrovare nelle stampe quel frammento di realtà che si era rivelata davanti al suo obiettivo al momento dello scatto.
Risultato, questo, non facile da ottenere, perché in fase di ripresa occorre abilità nel maneggiare, senza cavalletto, una Rolleiflex che presenta l’immagine speculare sul vetro smerigliato. Poi, nel trattamento delle pellicole e della stampa, l’eccellenza la si raggiunge con la competenza tecnica e la grande sensibilità estetica nel dare quella connotazione dai neri profondi, i bianchi puliti e la completa gamma di grigi, che esprime la sua visione del soggetto.
Dopo l’acquisto della prima Rolleiflex, Mario Cattaneo muove i primi passi nel mercatino delle pulci di Milano, chiamato “La fera del Sinigaglia”, imparando le tecniche di ripresa, che dalla iniziale distanza dal soggetto di venti metri, pian piano si riduce a due metri e anche meno.
Data la scarsa profondità di campo della sua fotocamera, egli scatta, normalmente, con l’occhio sul mirino per avere quella precisa messa a fuoco che gli consente d’ottenere la definizione dei dettagli raggiunta nelle sue fotografie.
Dalla spontaneità con la quale i suoi soggetti sono rappresentati, sembra che le fotografie siano scattate da una candid camera. Dato che Mario Cattaneo era lì, ben visibile con la sua Rolleiflex, certo questo risultato é dovuto all’essere riuscito a farsi accettare dal soggetto e ad avere una presenza discreta e rapida. La stessa posizione chinata, che la Rolleiflex costringe il fotografo ad assumere nella ripresa, ha per il soggetto un atteggiamento meno aggressivo, rispetto ad una reflex che imbracciata si punta come un’arma.
Questa spontaneità é sicuramente dovuta anche all’atteggiamento aperto e comunicativo della gente di quei tempi, che ancora non era sospettosa verso la fotografia, ma che anzi nel farsi ritrarre poteva provare entusiasmo.
La poetica
L’epoca (1950 – 1965), in cui Mario Cattaneo sviluppa i suoi temi più importanti, é permeata dal “Neorealismo”. Questa poetica é divenuta popolare grazie al cinema ed alla letteratura, che già dal 1946 iniziano un importante analisi sulla realtà italiana del dopoguerra.
Periodo, questo, di grandi trasformazioni che dalla fine del conflitto, sfocia nel boom economico, creando nel paese forti mutamenti nella vita della gente.
La società Italiana, é tutta proiettata a costruire un prospero futuro, e vuole, decisamente, lasciare dietro di sé l’esperienza dolorosa della guerra con i suoi lutti e miserie.
Siamo ancora nell’Italia prima della televisione, dove la gente, nel dopo lavoro, esce di casa ed ama incontrarsi nelle strade, nelle piazze e nei locali pubblici dei paesi e delle città.
La poetica neorealista, pone come suo soggetto principale “la vita del ceto popolare”, rappresentato nei diversi scenari che l’Italia offre in quel periodo: dal Nord modernista in piena industrializzazione, al Sud arcaico e rurale.
Mario Cattaneo, spontaneamente, cerca attraverso la fotografia un rapporto intimo con la realtà. Un fotografo vive un’intimità con la realtà, solo se, animato da un profondo desiderio di conoscerla, si pone in relazione con essa. Pertanto vi si immerge, esponendosi in prima persona, senza sapere cosa incontrerà.
Il fascino della realtà sta nella sua imprevedibilità, e nel suo mistero. L’abilità del fotografo é quella di riconoscere con la propria umanità il valore di ciò che incontra, e scattare con sentimento nell’intenzione di dare forma all’espressione del soggetto.
La poetica portante di Mario Cattaneo può essere compresa nei seguenti versi di Francis Bacon, che ispirarono anche Dorothea Lange:
“La contemplazione delle cose come sono, senza sostituzione o impostura, senza errore o confusione, é in sé cosa più nobile di un intera messe d’invenzioni.”
Così la visione di Mario Cattaneo é pronta a rappresentare la manifestazione autentica dell’umanità colta nel suo accadimento.
Con le sue fotografie ci rivela a volte dei momenti intensi e nascosti, che appartengono esclusivamente alla vita privata di quelle persone. La sua fotografia riesce, attraverso la scelta del momento dello scatto, ad elevare il particolare di un momento a sineddoche ( la parte per il tutto), cioè il segno di tutt’un mondo.
Lo scatto é il taglio del tempo. La realtà é sempre significante, ma ci sono momenti dove questa si manifesta con grandi qualità icastiche, cioè capaci a rappresentare, o meglio comunicare la presenza della natura del soggetto.
Lui cerca di cogliere il gesto che manifesta un modo d’essere, l’espressione del corpo che ci svela un sentimento; pertanto ha un rapporto con la realtà, vissuto sulla tensione della narrazione. Le persone ed i luoghi, nel loro intrecciarsi misterioso e casuale, generano situazioni che si presentano paradossali, umoristiche, tragiche, tenerissime.
L’ambientazione della figura umana é enormemente curata dall’autore nel scegliere il punto di ripresa. Egli con la visione dell’insieme degli elementi multipli, offerti dalla realtà, crea la mediazione del significato e riesce a comunicarci degli autentici sentimenti umani che hanno una data e un luogo.
Non teorizza concettualmente il rapporto col soggetto, ma “pensa per immagini”. Pensare per immagini, per Mario Cattaneo, vuol dire mettere in relazione la propria identità con altre, il proprio vissuto con altri, con un atteggiamento libero da pregiudizi e coll’intento di esprimere l’esistenza altrui. Vuol dire, mentre si scatta la singola immagine, sentire come questa saprà arricchire il tono narrativo dell’intero racconto fotografico.
La sua fotografia é il proprio indice puntato sui momenti icastici della realtà. Una realtà vista nella sua nudità, con grande rispetto del soggetto e una fiducia incrollabile nell’uomo, che riescono a farne emergere la dignità, in qualunque scenario la vita abbia posto queste persone a compiere la loro esistenza.
La tematica e l’opera
I temi di Mario Cattaneo sono sempre rivolti verso i momenti di “vita vissuta” dalla gente, quindi una direzione di ricerca estroversa, a differenza di quella di tanta fotografia odierna che va in direzione opposta cioè introversa.
Dall’esperienza iniziale del “Sinigaglia”, egli volge la sua attenzione alla vita dei Milanesi. Iniziano così le sue ricerche, svolte nel dopo lavoro, che oggi sono una splendida documentazione storica della vita pubblica, della sua gente, durante il dopo lavoro e il fine settimana.
Egli cerca l’incontro col ceto polare, perché é lì che riconosce le proprie origini; nel fotografare queste persone, rinnova intimamente il suo senso d’appartenenza a questa umanità.
Una dimensione popolare, quella Milanese, che lotta sempre, lavorando duramente, per migliorare le proprie condizioni di vita, ma che sa anche accettare, con la dignità di un sorriso ironico, gli altalenanti andamenti che la vita riserva.
Tra i tanti temi che sviluppa, alcuni non riesce a terminarli, altri si presentano con una quantità straordinaria di materiale. Nel tempo le ricerche si susseguono e si sovrappongono, ne ricordiamo alcune: La fera del Sinigaglia (Milano, 1950-1991), Vicoli (Napoli, 1952-1967), Luna Park (Milano: 1956-1960), Una domenica all’idroscalo (Milano, 1958-1962), Giovani al Jukebox (Milano, 1960-1962), Caravaggio (Caravaggio, 1964-1965), Festival POP (Milano 1973-1975).
Nel 1965 Mario Cattaneo vince il I° premio al concorso “RACCONTO E REPORTAGE FOTOGRAFICO” di Fermo con “Caravaggio”. Le attività del concorso e le Mostre di Fermo si sono succedute dal 1962 al 1971 e Mario Cattaneo é ammesso anche nel 1962 con “Giovani al Jukebox” e nel 1964 con “Una domenica all’idroscalo Milanese”. Ancor oggi Fermo resta una delle attività più importanti per la fotografia Italiana, perché si é interessata con grande lungimiranza al “Fotoracconto”, simile all’attuale Portfolio. Il merito di questa attività é di aver sviluppato il proprio impegno: sia sul fronte del Concorso di opere fotografiche, che quello dello studio teorico, di questa straordinaria forma espressiva, con il contributo di Renzo Chini, Nazzareno Taddei, Alvaro Valentini, Pier Paolo Preti, Carlo Ferrari, Goffredo Petruzzi, Francesco Quinzi.
Mario Cattaneo oltre alla realtà Milanese e Napoletana, ha operato nelle regioni del sud Italia: in Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia.
Spinto dal desiderio di viaggiare, é ritornato in tutti luoghi della sua prigionia, ed ha visitato diversi paesi orientali e americani, scattando dei reportage che dopo il 1980 ha realizzato in diapositive a colori.
Il processo creativo
Alla base di tutto il lavoro fotografico di Mario Cattaneo c’é la consapevolezza della formidabile capacità che ha la fotografia di rappresentare la vita, e da qui la grande soddisfazione nell’esercitarla.
L’energia per superare la fatica del fare, l’autore l’attinge dalla straordinaria necessità interiore d’incontrare e conoscere l’umanità.
Il suo metodo di lavoro é semplicemente quello di darsi un argomento, preso dall’attualità ordinaria, e fotografarlo, anche per anni.
Mario Cattaneo non cerca la fotografia singola, di ogni tema scatta numerosissimi negativi che poi stampa dopo una severa selezione.
La sua é una vocazione verso il racconto fotografico; per lui é naturale approfondire, scatto dopo scatto, la relazione col soggetto, cercando di raggiungerne la conoscenza intima.
Il suo vissuto, ed il talento, gli consentono di sentire un significato nelle realtà che incontra. Ciò é fondamentale, perché chi non ha una propria comprensione della realtà non può narrare nulla. Le sue fotografie danno sempre l’impressione di essere scattate dal di dentro delle situazioni, come se stessero narrando un pezzo della vita dell’autore, non quella di altre persone. Non si avverte mai il senso di distacco tra il fotografo ed il suo soggetto. Il fatto che i suoi racconti fotografici siano anche un documento, li rende dei reportage. Egli non ha mai fotografato per creare un archivio della memoria, ma é sempre stato animato dall’intenzione di realizzare dei reportage d’attualità.
Anche se non ha mai pensato che le sue fotografie potessero essere oggetto di mostre e libri fotografici, i suoi reportage sono al livello del miglior fotogiornalismo.
In Mario Cattaneo esiste una grande differenza nel rapporto col soggetto, se questo é appartenente alla società Milanese o ad altre diverse, ad esempio quella Napoletana.
Fotografa Milano negli stessi anni in cui Paolo Monti, Ugo Mulas, e tanti altri importanti fotografi vi operavano le loro ricerche. Il rapporto con i Milanesi é l’incontro con il suo quotidiano. Il significato delle sue fotografie bisognerebbe pronunciarlo in dialetto milanese. Egli fotografa per partecipare a questa umanità in trasformazione vorticosa, che ama col profondo dell’anima. Questo lo si sente nelle sue poesie dialettali, ove si delinea il suo atteggiamento davanti alla vita, che é comune a molti Milanesi: si parte da un profondo calore umano, una grande ricchezza di significati poi, quasi a non reggere questo esporsi emozionale, arriva una battuta ironica che congela tutto, e si riparte da zero.
I “Vicoli” di Napoli, invece, lo sorprendono per il calore umano della gente, l’ambiente fantasmagorico, che lo porta a più riprese negli anni a ritornare per percorrerli tutti, affascinato della scoperta di un mondo sconosciuto, ricchissimo di storia e che riserva ad ogni angolo una novità inimmaginabile. Egli fotografa Napoli in un momento felice, dove si poteva trovare nelle persone una disponibilità all’incontro ineguagliabile. In questa città sente il fascino del mistero e dell’esotico, conosciuto in oriente.
Viene attratto da questa vita sociale tutta vissuta in strada, nel sole che fende il fitto intreccio urbano, fuori dal buio dei bassi e dai grandi e tetri palazzi condominiali. Quindi una comunità cittadina che mescola nei vicoli il sacro ed il profano, nel condurre le relazioni sociali, i lavori di casa, quelli artigianali e le attività commerciali. Poi la vitalità dei ragazzi che ci fanno sentire una Napoli molto paesana e festosa. Con la sua tecnica di ripresa egli rappresenta in modo emblematico le figure ed i momenti che caratterizzano questa antica cultura popolare.
Il “Pensare per immagini la realtà” di Mario Cattaneo, é lasciare che dalla sua fatica emerga, con tutta la forza dei suoi significati, “la vita vissuta” dalla gente, perché solo così la sua fotografia diventa il segno di una intimità raggiunta con l’umanità.




















