Vol. 24 – GIULIANA TRAVERSO- Autore dell’Anno 2000
- a cura di Giorgio Tani;
- 103 foto in bianco e nero e colori
- introduzione di Giorgio Tani;
- interventi di: Giorgio Tani, Wanda Tucci Caselli, Silvano Bicocchi
- cm. 22 x 23 – pagg. 119 – 2000
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Il coraggio della visione
A Genova, una fresca brezza portava il profumo del mare tra le strade, nei giardini e poi in alto, su per la verde collina, fino alle terrazze e alle finestre del bel quartiere della Circonvalazione a Monte.
Da quelle case, il golfo si apriva allo sguardo con all’orizzonte un mare azzurro e luminoso. In quella giornata, a metà degli anni quaranta, Giuliana Traverso era una ragazzina, dalle lunghe trecce, che si godeva la nuova libertà di passeggiare sola per la città. Allora era costume che, compiuti i tredici anni, i genitori concedessero questa opportunità.
Il suo primo desiderio fu quello di strappare un sorriso al bigliettaio del tram. Quest’uomo era sempre là, con un’aria grigia, seduto sul suo seggiolino assediato dagli utenti; non sorrideva mai. Quel giorno sorrise, e lo rifece qualvolta staccava il biglietto per questa ragazzina che senza parlare riusciva a toccarlo nell’intimo. Da quell’episodio, in lei germinò la consapevolezza d’essere un soggetto sociale, capace di agire nel mondo con le proprie idee.
Dall’infanzia alla Scuola “Donna Fotografia”
Giuliana Traverso nasce a Genova da Gian Giacomo Traverso, di Savona, e Olga della Grisa, di Acqui Terme. Il padre, uomo di vasta cultura, è un importante magistrato. La madre, proveniente da una famiglia della buona borghesia imprenditoriale, è educata, secondo il costume del tempo, in un collegio Parigino.
Nella sua infanzia abita in diverse città, seguendo il padre nelle località ove viene chiamato ad esercitare la propria funzione. Vive la sua giovinezza nel clima dell’Italia del “boom economico”. In quell’epoca la società italiana si trasforma verso i nuovi stili di vita della cultura Nord Americana. In particolare, il modello tradizionale di donna inizia, allora, una profonda e radicale trasformazione.
Terminati gli studi classici, vive i propri vent’anni ampliando le sue conoscenze culturali. Nei suoi trent’anni viaggia tantissimo e impara a fotografare da autodidatta con l’entusiasmo e la spontaneità del neofita. Successivamente frequenta il Circolo Fotografico Genovese ed inizia a conoscere il mondo delle Associazioni Fotografiche. Un ambiente, questo, tutto al maschile che dà grande importanza agli aspetti tecnici.
La vita prosegue e le sue esperienze si moltiplicano fino ad esercitare il lavoro di “Indagini motivazionali di mercato”, dal quale trae preziose conoscenze sulla psicologia ed il comportamento umano.
Giuliana Traverso giunge alla fine degli anni sessanta con un bagaglio di conoscenze sufficiente a far scattare le scelte decisive della sua vita. Ella è ormai una donna emancipata che, faticosamente, ha trasformato il modello di femminilità dai cui proveniva ed è in grado di inventare il suo futuro.
Nel 1968 a Genova, poi nel 1979 a Milano, avvia la coraggiosa esperienza della Scuola di Fotografia riservata alle donne: “Donna Fotografa”, che, tuttora molto attiva, è la realizzazione di un’idea imprenditoriale di grande innovazione e originalità.
Le motivazioni che la portano a fondare questa attività sono molteplici e tutte importanti:
- Constata che nessun ambiente fotografico, da lei conosciuto, è capace di valorizzare l’atteggiamento culturale ed artistico della donna.
- Comprende che per imparare ad esprimere, con la fotografia, l’identità della donna occorrono strumenti specifici e soprattutto un ambiente culturale portatore di una nuova libertà: quella di lasciar esprimere la femminilità senza alcuna influenza maschile.
- La sua concezione della Fotografia come linguaggio, è lo strumento che può offrire per la crescita dell’umanità femminile a lei vicina.
- Dalla sua personalità emerge la necessità interiore di un rapporto umano continuamente nuovo e collegiale con le donne.
- Lei, che non ha avuto insegnanti, è fermamente convinta che l’insegnamento della fotografia può far crescere più rapidamente e più profondamente le capacità creative del fotografo.
Una scuola di fotografia molto originale perché, come presupposto all’espressione col linguaggio fotografico, pone in primo piano la rivelazione dell’identità delle allieve, attraverso lo sviluppo delle loro capacità analitiche e culturali che le porterà a scoprire la visione fotografica soggettiva.
Lei non vuole insegnare la propria fotografia, infatti non mostra mai alle allieve le sue immagini perché lo ritiene un inaccettabile condizionamento.
Dalla scuola nasceranno comunque delle fotografe, nel senso che queste donne, sapranno avvalersi liberamente della fotografia; alcune la sceglieranno anche come professione, altre come il loro linguaggio espressivo.
Tantissimi sono i rapporti umani che, nei decenni, si sviluppano attorno a lei. Alcuni diventano duratura amicizia, altri riescono ad essere anche stimolanti presenze culturali e critiche: come quella, in particolare, con la saggista Gianna Ciao Pointer.
L’attività scolastica si sviluppa sull’onda delle dinamiche sociali che negli ultimi trent’anni hanno posto la “Questione Femminile” al centro d’importanti vicende politiche e sociali: il femminismo, il divorzio, l’aborto, il nuovo corso delle pari opportunità.
In questo dinamico frammento della nostra storia, Giuliana Traverso non riduce la sua scuola ad una espressione dell’ideologia “femminista”, ma la guida con fermezza nella direzione della crescita della donna come persona libera, responsabile, emancipata e capace d’esprimere con forza ed autenticità le proprie scelte e passioni.
La scuola, condotta senza interruzioni per oltre trent’anni e frequentata da migliaia di donne provenienti da tutte le regioni italiane, l’avanzato concetto di fotografia insegnato ed i valori culturali e sociali in essa promossi, rendono “Donna Fotografa” una delle realtà formative più significative della Fotografia Italiana ed Internazionale della seconda metà del Novecento.
Per questa attività, che è l’esperienza centrale della sua vita, le sono stati assegnati prestigiosi riconoscimenti: in Italia con la medaglia d’argento dai Presidenti della Repubblica Cossiga e Scalfaro rispettivamente nel 1990 e nel 1993 per “La migliore Scuola internazionale di Fotografia” e negli USA nel 1993 con l’invidiabile Laurea Honoris Causa in Lettere e Filosofia alla Columbia University (New York).
La sua fotografia
Giuliana Traverso inizia a fotografare perché sente che la fotografia è un mezzo straordinario per narrare. Nel 1963 ha l’occasione di scattare una foto alla cantante Ornella Vanoni, non ancora celebre. Un ritratto straordinariamente intenso, caratterizzato da una visione improbabile per quell’epoca che al volto della cantante non avrebbe mai accostato le mani ma, probabilmente, una rosa.
La fotografia viene premiata da una rivista tedesca che la pubblica a più riprese, come migliore fotografia del mese, incontrando il favore della critica. Questo primo riconoscimento, la incoraggia a partecipare ai Concorsi Fotografici ed a frequentare il Circolo Fotografico Genovese, come unica donna iscritta. Nell’attività di Circolo perfeziona le sue tecniche di ripresa, sviluppo e stampa del Bianco e Nero, e inizia un impegnato e serio confronto con il gusto estetico e gli interessi tematici dominanti nell’ambiente delle Associazioni Fotografiche.
Oltre ad una grande sensibilità umana ed estetica, è animata da un naturale spirito di libertà che rapportato alla visione fotografica la conduce ad apprezzare con lungimiranza le novità espressive di valore.
Per lei il fascino della fotografia sta nelle infinite possibilità che essa offre nel rinnovare la propria valenza linguistica. Non ammette condizionamenti dalla tradizione, pur apprezzandola, e accetta le sfide ed i rischi che la novità della visione sempre comporta.
Giuliana Traverso, ad esempio, comprende subito il valore espressivo delle fotografie di Mario Giacomelli e poi di Mario Lasalandra, che non trovano un facile successo alle prime presentazioni delle loro opere.
Oltre ad una grande sensibilità umana ed estetica, è animata da un naturale spirito di libertà che rapportato alla visione fotografica la conduce ad apprezzare con lungimiranza le novità espressive di valore.
Per lei il fascino della fotografia sta nelle infinite possibilità che essa offre nel rinnovare la propria valenza linguistica. Non ammette condizionamenti dalla tradizione, pur apprezzandola, e accetta le sfide ed i rischi che la novità della visione sempre comporta.
Giuliana Traverso, ad esempio, comprende subito il valore espressivo delle fotografie di Mario Giacomelli e poi di Mario Lasalandra, che non trovano un facile successo alle prime presentazioni delle loro opere.
Non è interessata allo scatto singolo, si sente compiuta nel racconto fotografico a modalità aperta. Dalle fotografie, emerge chiaramente che il suo atto fotografico è sostanzialmente l’esercizio di un linguaggio.
Paragonando i diversi lavori, difficilmente troviamo, tra loro, analogie formali nella visione ma notiamo che, a seconda del tema trattato, la sua visione si trasforma al fine essenziale d’esprimere il rapporto tra lei ed il soggetto. Così ogni opera si presenta con una forte coerenza formale che la rende unica, nel complesso della sua attività.
Non sopporta ripetersi, è sempre protesa verso un’evoluzione in cui ogni lavoro è considerato un momento di crescita dal quale spingersi oltre.
La sua attrezzatura è relativamente essenziale, tutta di formato 35 mm, con ottiche che vanno dal 17 al 100 mm di focale.
La necessità di una continua innovazione della propria capacità espressiva, passa necessariamente attraverso la solitudine della ricerca di un linguaggio nuovo, atto a generare immagini capaci di comunicare quel messaggio interiore inesprimibile con i mezzi tecnici e poetici a sua disposizione fin a quel momento.
Nel 1988 dalla FIAF è insignita del titolo MFI (Maestro della Fotografia Italiana).
Numerose sono le prestigiose Fondazioni e Collezioni che conservano le sue fotografie tra queste: la “Biblioteca di Via del Senato” di Milano, l’”Universidad Popular e Casa de Cultura” del Messico, la “Galleria delle Arti Estetiche” di Pechino, la “Collezione Internazionale Polaroid”, il “Cabinet des Estampes da la Bibliotèque Nationale” di Parigi.
La tematica
Giuliana Traverso a partire dal 1968, anno d’inizio della scuola “Donna Fotografa”, affianca l’attività didattica a quella creativa in un senso dualistico cioè l’uno stimola e caratterizza l’altro e viceversa. Entrambi si sviluppano nell’ambito di una società Italiana che attraversa i tempi complessi della “Contestazione del ‘68”. Periodo, questo, segnato da profonde lacerazioni generazionali, sociali, ideologiche che raggiungono anche pericolose manifestazioni estreme come il terrorismo e le stragi. Questa è anche epoca di grandi conquiste sociali, culturali ed artistiche che infondono nelle persone un atteggiamento serio rispetto ad ogni momento della vita.
I temi svolti, non risentono dei forti condizionamenti ideologici del momento ma, nella loro scelta, l’autore segue senza sbandamenti il proprio percorso artistico.
Nei suoi racconti fotografici, troviamo lo sviluppo di un’idea narrativa tematica. Il realizzare opere di questa natura richiede la capacità di analisi della realtà e l’espressione della propria soggettività. Per riuscire in questo esercizio ella è impegnata in un continuo arricchimento culturale e rinnovamento della propria coscienza nel porsi in rapporto con la realtà.
I temi, nella loro diversità, costantemente rappresentano il dialogo che ella conduce con la società domestica, nazionale ed internazionale; a volte trattando argomenti rientranti nella sfera del quotidiano, altre a svelare il proprio mondo di sentimenti interiori che riescono, pur nascendo dal suo privato, a diventare sollecitazione della pubblica coscienza.
Negli anni assistiamo ad un progressivo aumento delle opere prodotte.
Negli anni ’70: “Oltre la Tela” (1974), “Giornali e Giornalisti Liguri” (1976)
Negli anni ’80: “Riconoscersi” (1980), “Il Mimo Francisco Coppello” (1982), “Il sembrare e l’essere” (1982), “L’altra faccia del centro” (1982), “Viraggi” (1982), “La gente ed io” (1983), “La donna la bellezza, il mito” (1984), “La lanterna magica” (1984), “Milano – Shangai” (1985), “Il Diametro del Mito” (1985), “Cane supercustodito o della schiavitù” (1987), “L’udienza è tolta” (1987), “Le comunioni del cuore” (1987), “Quando si scoprono i volti” (1987), “Fantasmi e Vivi” (1989)
Negli anni ’90: “El silencio, el grido” (1990), “Omaggio al Teatro Carlo Felice di Genova” (1992), “Tracciati Colombiani” (1992), “Colore lacerante” (1992), “Piercing colors – Calendar” (1996), “Lo Sguardo Sensibile” (1997), “Genova Fantastica” (1997), “Il Gesto Discreto” (1998).
Le opere sono esposte in numerose gallerie Nazionali ed Internazionali e negli anni vengono pubblicati i seguenti libri fotografici: “Oltre la tela” (1974), “Giornali e Giornalisti Liguri” (1976), “Microlito a Recco” (1982), “Scolpire all’aperto” (1984), “Il Diametro del Mito” (1985), “Le Comunioni del Cuore” (1987), “Fantasmi e Vivi” (1988), “El Silencio, el Grido” (1990), “Si alza il Sipario” (1993), “Genova Fantastica” (1997), “Il Gesto Discreto” (1998).
Titoli che svolgono tematiche rivolte a specifici ambienti come quello degli artisti e dei giornalisti, oppure a comportamenti umani e a problematiche sociali; altre ancora sono tematiche che nascono dal suo porsi in discussione di fronte al mistero dell’esistenza umana. Si nota una costante attenzione ai genovesi e a Genova, la sua città. Infine restano le opere che nascono dalla sua ricerca linguistica che ci propongono nuovi rapporti con lo specifico fotografico.
La poetica
La donna, attraverso il particolare rapporto che ha con il proprio corpo ed il legame naturale verso la generazione della vita, può avere un suo specifico complesso di sentimenti e intuizioni.
Tante sono le fotografe, tra cui molte le americane, che ci hanno rivelato la natura delle poetiche femminili, citiamo una per tutte: Diane Arbus. Con la sua umanità di donna ci ha rappresentato, anche, il mondo degli emarginati dalla società industriale, per ragioni sociali, economiche, per handicap fisici e psichici, ecc… Un mondo di “diversi” che dopo le sue fotografie è entrato nella normalità della nostra percezione.
In generale le poetiche di queste fotografe, rivelano alla nostra coscienza nuove visioni dell’esistenza umana.
Molto spesso riescono a penetrare efficacemente nel mistero delle realtà, attraverso le tecniche della narrazione fotografica, dove le immagini spostano i nostri punti d’osservazione delle cose; da queste nuove posizioni riusciamo a rimuovere i falsi pudori e le ipocrisie.
Giuliana Traverso nello scattare una fotografia compie sempre anche un atto mentale nel senso che agisce in funzione di un’idea conscia od inconscia. Le sue sono immagini che portano l’energia del segno forte, capaci di scuotere il lettore con la graffiante rivelazione di una possibile verità interiore delle cose.
Un linguaggio molto simile a quello che, un indimenticabile genovese, Fabrizio De Andrè esprimeva nella Canzone Italiana.
Un mondo di sentimenti non sempre comodo, che al primo sguardo può apparire spregiudicato, per la sua capacità di svelare. Nell’eccellenza del risultato espressivo delle fotografie, troviamo le ragioni per rapportarci alle sue provocazioni.
Giuliana Traverso, fotografando cerca nella realtà la rappresentazione di un’idea. Questa rappresentazione la può trovare evidenziata già nei segni, naturali o artificiali, del soggetto. Altre volte la deve realizzare attraverso metafore che chiamano in gioco la nostra umanità più autentica, insieme alle conoscenze culturali, estetiche ed esistenziali.
Il suo senso estetico, il suo sentimento, si esprimono nella composizione scelta all’interno della gabbia prospettica Rinascimentale che la fotocamera le ripropone all’infinito.
Ad esempio le fotografie del “Mimo Francisco Coppello”, artista della Body Art. Con l’uso audace del 17 mm, ella riesce a dar vita ad una visione soggettiva di queste “performance”, presentandoci uno straordinario gioco estetico raggiunto: con la forma chiusa della figura sospesa nella profondità del nero, l’equilibrio sapiente delle proporzioni e la generazione delle acute prospettive. Qui la fotografia è “cosa altra” rispetto al soggetto.
Nel reportage, cerca la vitalità pulsante della gente e la profonda percezione delle significanti atmosfere dei luoghi. Le persone sono comprese nelle loro intimità, oppure fatte reagire dalla provocante esibizione dell’atto fotografico.
Nel ritratto, l’autore, cerca la gestualità che narra la persona. La vediamo orientare la propria visione verso tagli che ci portano dentro al significato immediato di un soggetto, come nei ritratti dei fumatori; oppure nelle feste religiose ella ci conduce ad un significato mediato con le immagini sacre poste in relazione alle persone.
Né ”L’udienza è tolta”, ella ci mostra, con metafore, i vari aspetti della morte. Fotografie dell’assoluto, davanti alle quali ci sembra di non trovare più spazi di mediazione, argomenti per giustificare lo statu quo; perché i significati, di queste immagini, polverizzano le certezze che sorreggono la nostra esistenza.
Nei “Viraggi”, crea un nuovo equilibrio nel rapporto di lettura, con l’immagine fotografica, ove l’occhio percepisce ancora l’estraniamento del Bianco e Nero e insieme vede una carica di realismo latente nella rappresentazione. Le due tonalità del seppia e dell’azzurro generano soggettivi equilibri tra materialità ed evanescenza.
Le fotografie del “Colore lacerante”, attirano la nostra percezione in una coinvolgente sinfonia narrativa dove la realtà è in parte devastata dal gesto espressionista dell’autore, che riduce l’impronta fotografica alla pura macchia di colore. Quindi, ci è data una rappresentazione residua della realtà, portata all’essenza materica, dove queste masse cromatiche sembrano assumere una natura biologica che connotano la lettura di quanto figurale è rimasto. Nelle immagini sono legati in contrasto alti suoni e profondissimi silenzi; l’informale, sorprendentemente, dona forza evocativa alla figura e nel loro insieme riescono a far emergere una narrazione compiuta.
Il processo creativo
Per Giuliana Traverso, come per ogni artista, trovare un’idea innovativa significa ricevere un forte stimolo di vitalità, esprimere la propria identità e affermare la consapevolezza di esistere.
Per lei è insopportabile la staticità del proprio mondo interiore che inevitabilmente sente di dover rinnovare costantemente.
Il processo creativo inizia dalla necessità interiore e si conclude nel dare forma all’urgenza espressiva.
La sua necessità interiore e quella di trovare un’idea innovativa coerente al linguaggio che sente di esprimere in quel momento della propria vita. L’idea può essere rappresentata da un tema, oppure un sentimento poetico, un gioco concettuale, un mutamento del rapporto con lo specifico fotografico, ecc… .
È più preoccupata dalla stabilità che dal lavoro di ricerca da compiere per raggiungere un nuovo livello di stabilità.
È questo il punto singolare del suo stile di vita, che la trova sempre sbilanciata verso il fare, piuttosto che nel compiacersi su quanto realizzato.
La sua urgenza espressiva è caratterizzata dai diversi ritmi, con i quali ella affronta la realizzazione dell’idea. Se il tema è definito fin dall’inizio degli scatti, ella procede con tempi rapidi di realizzazione. Oppure, se questo è trovato dopo le foto, ella opera una grande sintesi sulle fotografie d’archivio. In quest’ultimo caso, nel lavoro compiuto, non avvertiamo più l’urgenza del fare, ma la profondità della riflessione che coglie negli scatti, realizzati negli anni, quel filo che, inconsciamente, li ha legati fin dall’inizio attraverso un sottile sentimento che da intuizione frammentata è diventato, nel tempo, un coerente prodotto della coscienza.
Giuliana Traverso confida nel linguaggio fotografico perché le permette di formalizzare rapidamente, con uno scatto, un complesso integrato di valori estetici e morali.
Solo la fotografia, nella sua ritualità, può consentirle di giustificare comportamenti, di ricerca nella realtà, tesi a rappresentare quei momenti sfuggiti al condizionamento razionale, del singolo o della collettività, che diventano una fenditura attraverso la quale vedere oltre il compatto muro delle apparenze che maschera le persone e le cose.
In lei non c’è paura nell’affrontare queste nudità che le appaiono nell’immaginario della sua previsualizzazione; anzi ella agisce molto determinata scattando con la sua fotocamera, manifestando il coraggio che solo un’autorità morale può conferire. La sua è l’autorità morale che deriva dal diritto-dovere naturale che ogni individuo ha di interagire col mondo.
Lei, per prima, prova le emozioni che sentiranno i suoi lettori, per prima rimette in gioco i propri equilibri raggiunti, perché li sente già inadeguati alle sue nuove necessità interiori.
Il suo comportamento coraggioso è quello di vivere questo momento dove tutto può essere scoperto, sia quello che è davanti a lei, ma soprattutto quello che si muove dentro di lei, e le sta trasformando il rapporto con la realtà.
Giuliana Traverso sa di essere riuscita nel suo lavoro, nella sua scuola o nel fotografare, quando con la propria azione genera quelle situazioni in cui l’umanità si è liberata dai condizionamenti e quindi le persone si esprimono autenticamente davanti ai suoi occhi, dentro al suo atto fotografico.




















